Uno dei ricordi che molti hanno di Girolamo Ciulla è quello di un uomo col fisico forte mentre attraversa deciso Piazza del Duomo a Pietrasanta, giubbotto e cappello da lavoro impolverati, la barba nera, gli occhi penetranti, il sigaro toscano in bocca. Quello era anche il posto di un primo appuntamento per chi lo voleva conoscere. Si vedeva arrivare da un angolo con la testa immersa nelle fantasie poetiche che avrebbe trasformato in scultura. Un uomo solido dal carattere burbero e un modo tutto suo di usare poche parole per raccontare fatti di vita vissuta o per dire che non aveva niente da dire su di sé. Diceva spesso che lui faceva il proprio mestiere di scultore e che dovevano essere gli altri a parlare delle sue opere. Si teneva per sé le convinzioni più intime sull′arte. Non era né timidezza né superbia, era il carattere profondo di un uomo nato in Sicilia, a Caltanissetta nel 1952. Nel trasferirsi a vivere e lavorare a Pietrasanta si era portato ben dentro di sé l′idea che ogni siciliano è un′isola, quel sentimento di isolitudine di chi è nato in Sicilia, quel manifestarsi sempre cordiale e ospitale come antidoto all′essere solo. Isolitudine è una parola inventata dallo scrittore siciliano Gesualdo Bufalino per parlare di sé stesso e dei propri conterranei, per indicare l’ombroso, ostinato riserbo, il claustrofobico rifiuto d’ogni contatto e colloquio. Ciulla era stato un′isola a Caltanissetta e ha continuato a esserlo anche a Pietrasanta, ma qui aveva respirato un′altra aria, coltivando amicizie profonde e larghe relazioni di lavoro.

Ciulla scolpiva personalmente le sue opere, non usava artigiani pietrasantini, ma lavorava insieme a loro in laboratori come quelli di Giorgio Angeli e Gianni Tinunin ai quali si affidava per le sculture di più grosse dimensioni. Respirava così l′atmosfera, ancora densa del respiro di artisti che qui vivono, ci hanno vissuto o ci sono solamente passati in cerca di pietre da scolpire, a partire da Michelangelo che aveva le sue cave qui, sulle Apuane dei Medici.
La diversità di Ciulla non consiste solo nel preferire il travertino, ruvido, poroso perché si forma dove sgorga l′acqua, pur vivendo e scolpendo alle pendici delle montagne dal cui ventre si ricava il marmo di Carrara, bianco e di grana tanto fine da poter essere tirato a lucido. L′essenza della sua diversità sta nell′essere un poeta di immagini ineffabili e intime che compone scolpendo la pietra, non solo nell′essere un classicista tenacemente attaccato alla figurazione.

Foto di © Stefano Baroni
Ciulla è un narratore di miti greci che preferisce il colore della sua terra madre, la campagna intorno a Caltanissetta, arida, ma gonfia di spighe di grano per almeno metà dell′anno. La Cerere di Ciulla avanza tra le spighe dopo il compromesso semestrale con Ade/Plutone, il dio oscuro che possiede tutte le ricchezze del sottosuolo. La Cerere romana è la greca Demetra che ha ottenuto dal dio degli Inferi che la figlia Persefone rinasca periodicamente, ad ogni rinnovamento delle stagioni, in un ciclo di continua alternanza tra vita e morte, tra vita terrena e vita sotterranea. Persefone ha quattro occhi, due in volto per vedere davanti, e due sulla nuca per vedere dietro le spalle, ma è bellissima. Nel mito greco nessuno la può chiamare col suo nome pericoloso, ma indicarla come Core, ovvero fanciulla, pupilla, l’immagine di sé che si vede negli occhi dell’altro. Gli occhi della fanciulla sono capaci di vedere l’anima nello specchio dell’occhio altrui, immaginando l′abisso dell′anima, la morte e la rinascita. Gli occhi di Girolamo avevano questo carattere, erano gli occhi di un artista che vedono nella materia forme invisibili da portare alla vista di tutti con mani sapienti.
Dalla Sicilia, Ciulla si è portato dietro i miti mediterranei, la Grande madre, la Terra, la ninfa Aretusa, Cerere e il colore del grano ritrovato nel tono ambrato del travertino. Le sue dee hanno il volto delle tre divinità femminili dell′Olimpo greco, Era, Afrodite e Atena, quelle in mostra nei musei di Agrigento, belle e austere, con la testa adornata di capelli composti in figure compatte.

foto di © Nicola Gnesi
A questo Olimpo di immagini mitologiche, Ciulla ha spesso abbinato una personale narrazione, popolata da un fantastico mondo di animali, enigmatici ma naturali: rana, scimmia, asino, rinoceronte, civetta, capra, ariete, lepre, e coccodrillo. Vide per la prima volta un coccodrillo vivo in Egitto nel 2002 e ne rimase affascinato. Non è stato il primo artista a rappresentare il coccodrillo, ma per lui l′animale sacro che sta tra terra e acqua, spesso immobile al sole, a bocca spalancata, è fonte di ispirazione continua.
L′arte di Ciulla cerca la propria identità riportando in terra ogni cosa che trascenda la vita terrena, divinità, anime, animali fantastici a cui mette le ali, e li trasforma in animali con l′anima. Il coccodrillo – uguale a sé stesso dai tempi degli antichi egizi – sublima l′idea che le cose possono essere eterne. Così come i piccoli templi greci, visti a Segesta e Agrigento, scolpiti come soma legata in groppa a un asino, sulle spalle di una scimmia, in braccio a una dea, suggeriscono l′eterno ritorno dei miti antichi nella nostra vita quotidiana.

Ciulla prima di scolpire disegna su carta la propria mitologia, provando la scomposizione variabile di forme geometriche, umane e animali, aggiornando la classicità immaginaria con un′archeologia contemporanea fortemente sperimentale. Rimanendo fedele alla propria anima siciliana recupera la Grande madre mediterranea alla modernità della ricerca continua, instancabilmente rivolta all′invenzione di nuove combinazioni di idee e immagini appartenenti a millenni di storia.
Nei bellissimi disegni su carta, la fantasia supera la parola, il segno ne tiene appena il passo, corre a briglia sciolta, si fa irrequieta, ha bisogno di qualche narcotico mitologico che acquieti l′anima. In origine, la vita di uomini e animali si mescolava, rendendo impercettibile la linea già sottile che separa l′umano dal non umano. Questa è una cosa antica, entra nelle odi di poeti che narrano di uomini che si mutano in pesci e di donne trasformate in piante per sottrarsi alla possessione carnale degli dei violenti. Ma l′amore per gli animali è una cosa perfettamente contemporanea, un′altra manifestazione dell′eterno ritorno al presente.

foto di © Nicola Gnesi
Ogni animale di Ciulla è il carattere di un essere umano che vuole alzarsi in cielo, facendosi spuntare le ali sulle spalle, sapendo quanto è pericoloso appiccicarle con le cera di Icaro. Ogni animale è un archetipo che rimanda la nostra civiltà a qualcosa di originario, all′origine del tempo stesso. La metafisica di questi animali parte dalla terra per spiccare il volo alla ricerca di un ineffabile senso del divino.
L′8 dicembre del 2023 Girolamo Ciulla ha lasciato questa terra. Non è più possibile incontrarlo mentre cammina per le strade e le piazze di Pietrasanta silenziosamente immerso nei propri pensieri. In una di questa piazze ha lasciato un dono grande alla comunità, una testimonianza dell′anima immortale dell′arte: la scultura fontana L′acqua di Afrodite. Un′altra dea è scesa dall′Olimpo greco per animare il travertino di Ciulla, per dare nuovo senso allo spirito del luogo di Pietrasanta. L′opera è stata collocata nel 2022 in Piazza Statuto e inaugurata nel giugno del 2023. Il 15 aprile del 2023 la città ha conferito la cittadinanza onoraria all′artista che aveva scelto di vivere qui fino dagli anni Ottanta.
L′Afrodite di Ciulla è scolpita in un blocco di travertino di circa nove metri per sette, alto un metro e trenta centimetri, come omaggio alla divinità delle acque pure. Dove c′era una sorgente di acqua, i greci pagani erigevano una statua di Afrodite, l′acqua incontaminata curava malattie, leniva le ferite e rinfrescava corpo e anima. Alzando lo sguardo alle spalle di Pietrasanta si vedono le montagne che conservano l′acqua per curare le pianure sottostanti. Nella grande scultura, l′acqua sgorga dalla testa, bagna il volto della dea e riempie una vasca dalla quale emerge il volto estatico della dea dell′amore e della bellezza. La natura porosa del materiale ricorda il fluire dell′acqua nelle viscere della Terra e dà corpo potente e morbido alla contemporaneità classica delle sculture di Ciulla.

foto di © Nicola Gnesi
Il bozzetto de L’acqua di Afrodite risale al 1994 e l′istallazione dell′opera dopo un trentennio testimonia l′instancabile vivacità creativa e la tenacia dei pietrasantesi. La città Pietrasanta ha stabilito per sempre un legame con un′artista arrivato da lontano – nel tempo e nello spazio – che portava con sé un genio artistico costruito sulle immagini della propria terra natale, nella quale i miti pagani sono serviti per mantenere il rapporto religioso che gli esseri umani hanno con la Grande madre mediterranea.

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